IL RITORNO DELLE VECCHIE SIGNORE
Se ne
parla come la grande novità di quest’anno. TuttI i big del settore della
fotografia ne hanno in catalogo almeno una. Sono le macchine “full frame”, dotate
di un sensore delle stesse dimensioni del fotogramma in pellicola. Quei 24 per
36 millimetri sui quali sono nate le fotocamere reflex a ottiche
intercambiabili. Il vantaggio sta nell’ottenere finalmente il massimo dagli
obiettivi di qualità, sfruttandoli fino in fondo, oltre a migliore la resa
dell’immagine.
Ora
finalmente ad un costo accessibile. Ma non sono una novità vera e propria. Era
infatti l’agosto 2005 quando venne presentata la Canon Eos 5D, la prima full
frame a costi relativamente contenuti. Di nuovo c’è invece l’ulteriore
abbassamento del prezzo, con l’uscita di modelli entro la barriera dei 2.000
euro come la Nikon D600 e della 6D della Canon. E’ l’ultimo atto del conflitto
commerciale che sui blog tematici suscita passioni e discussioni fra i
sostenitori delle due Case, con dibattiti così noiosi che non trovano eguali
neanche quando si è costretti ad ascoltare di calcio nelle radio dei Taxi della Capitale .
La Nikon
D600, costruita attorno al sensore Sony da 24 megapixel, ha molte frecce al suo
arco: 39 punti di messa a fuoco ad esempio per una messa a fuoco più fedele, 5,5
scatti al secondo, doppia porta per schede memoria, la copertura totale del
mirino, registrazione video anche non compressi e l’uscita audio per cuffia per
i videomaker evoluti. Una macchina decisamente completa .
Per il Nikonista,
frustrato per anni ed ora euforico.
Botta.
Risposta.
La Canon 6D, sensore da 20 Mp, destinata a riempire la fascia di prezzo
occupata fino ad ora dalla Eos 5D MkII del 2008, una delle macchine più riuscite
della storia della fotografia digitale. I punti di messa a fuoco sono 11, ma è migliore
la capacità di fotografare in condizione di luce scarsa con una sensibilità che
tocca i 25.000 ISO e un autofocus in grado di lavorare anche con la luce della
luna. Consente quindi l’esplorazione della vera nuova frontiera aperta dal
digitale: fare fotografie senza flash, praticamente al buio e senza cavalletto.
Poi c’è il gps e il wi-fi integrato. Si scatta, si elabora la foto con il
software interno alla macchina e con uno smartphone si mette in rete, senza
passare dal computer.
Fondamentale sia come
secondo corpo nella borsa del professionista che nelle tasche dello zaino di un
caposquadriglia Scout che si è perso nel bosco.
Terzo
incomodo. la Alpha 99 della Sony rispetto agli altri due contendenti prova a
cambiare le carte in tavola introducendo il primo modello di reflex full frame
con mirino elettronico. A pensarci bene non è neanche una reflex. Usa un
sistema completamente diverso, a specchio fisso semitrasparente per deviare il
30% della luce verso un sensore dedicato alla messa a fuoco, quindi meno rumore
e vibrazioni. 24 Mp e circa 3.000 euro per l’ultima erede della vecchia
Minolta. Macchina interessante, progettata sempre con la ricerca di un’ idea
alternativa, per cui anche stabilizzazione d’immagine sul sensore e non sugli
obiettivi, un autofocus infallibile, e molte altre soluzioni brillanti, con due
difetti, maggior consumo di energia e quindi minor durata della batteria e un
costo di produzione più elevato.
Un passo verso il
futuro. Per il tecnologico ad ogni costo.
Infine il
mito. Leica, che quasi 100 anni fa ha inventato il formato 24X36 mm. M, lettera
che la casa tedesca ha usato per tutte le sue macchine a telemetro con attacco
a baionetta, stavolta però non è seguita più da numeri ma da un sottotitolo. Scelta
per sottolineare che si tratta di un modello capace di durare in eterno. Per
l’ultimo produttore rimasto in Europa, alfiere della tradizione prima di tutto,
passare in un colpo solo al Cmos e al Full Frame è una vera rivoluzione.
Consente anche la realizzazione di filmati attraverso il display, d’altronde
altrimenti non sarebbe stato possibile visto che parte dell’inquadratura del
mirino ottico è di solito coperta dall’obiettivo! Poi il solito corpo di lega
di magnesio con fondello e coperchio in ottone, comandi del fuoco e di esposizione
rigorosamente manuali. E’ una macchina di grande qualità e di altrettanto
grande semplicità, radicale nelle scelte adottate: con così pochi fronzoli,
prima di scattare bisogna necessariamente accendere il cervello.
Ci sarà una Leica M
anche tra altri cento anni. Per i Cartier-Bresson con il codice a barre.
In questo
clima di euforia collettiva, dopo che per anni ci hanno spacciato per perfette,
reflex a sensori ridotti, rimane il dubbio se tutte queste novità siano frutto
di una migliorata capacità industriale dei produttori di sensori o delle
spietate leggi del marketing, ci si sente un po’ come uno dei pesci
dell’acquario del film “Alla ricerca di Nemo”, dopo la fuga, all’ultima
inquadratura quando rimangono intrappolati nel loro stesso stratagemma, e ora
che facciamo?
Alberto
Novelli
© La Repubblica
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