sabato 6 ottobre 2012

Da La Repubblica del 6 ottobre 2012

IL RITORNO DELLE VECCHIE SIGNORE
Se ne parla come la grande novità di quest’anno. TuttI i big del settore della fotografia ne hanno in catalogo almeno una. Sono le macchine “full frame”, dotate di un sensore delle stesse dimensioni del fotogramma in pellicola. Quei 24 per 36 millimetri sui quali sono nate le fotocamere reflex a ottiche intercambiabili. Il vantaggio sta nell’ottenere finalmente il massimo dagli obiettivi di qualità, sfruttandoli fino in fondo, oltre a migliore la resa dell’immagine.
Ora finalmente ad un costo accessibile. Ma non sono una novità vera e propria. Era infatti l’agosto 2005 quando venne presentata la Canon Eos 5D, la prima full frame a costi relativamente contenuti. Di nuovo c’è invece l’ulteriore abbassamento del prezzo, con l’uscita di modelli entro la barriera dei 2.000 euro come la Nikon D600 e della 6D della Canon. E’ l’ultimo atto del conflitto commerciale che sui blog tematici suscita passioni e discussioni fra i sostenitori delle due Case, con dibattiti così noiosi che non trovano eguali neanche quando si è costretti ad ascoltare di calcio  nelle radio dei Taxi della Capitale .
La Nikon D600, costruita attorno al sensore Sony da 24 megapixel, ha molte frecce al suo arco: 39 punti di messa a fuoco ad esempio per una messa a fuoco più fedele, 5,5 scatti al secondo, doppia porta per schede memoria, la copertura totale del mirino, registrazione video anche non compressi e l’uscita audio per cuffia per i videomaker evoluti. Una macchina decisamente completa .
Per il Nikonista, frustrato per anni  ed ora euforico. 
Botta.
Risposta. 
La Canon 6D, sensore da 20 Mp, destinata a riempire la fascia di prezzo occupata fino ad ora dalla Eos 5D MkII del 2008, una delle macchine più riuscite della storia della fotografia digitale. I punti di messa a fuoco sono 11, ma è migliore la capacità di fotografare in condizione di luce scarsa con una sensibilità che tocca i 25.000 ISO e un autofocus in grado di lavorare anche con la luce della luna. Consente quindi l’esplorazione della vera nuova frontiera aperta dal digitale: fare fotografie senza flash, praticamente al buio e senza cavalletto. Poi c’è il gps e il wi-fi integrato. Si scatta, si elabora la foto con il software interno alla macchina e con uno smartphone si mette in rete, senza passare dal computer.
Fondamentale sia come secondo corpo nella borsa del professionista che nelle tasche dello zaino di un caposquadriglia Scout che si è perso nel bosco.
Terzo incomodo. la Alpha 99 della Sony rispetto agli altri due contendenti prova a cambiare le carte in tavola introducendo il primo modello di reflex full frame con mirino elettronico. A pensarci bene non è neanche una reflex. Usa un sistema completamente diverso, a specchio fisso semitrasparente per deviare il 30% della luce verso un sensore dedicato alla messa a fuoco, quindi meno rumore e vibrazioni. 24 Mp e circa 3.000 euro per l’ultima erede della vecchia Minolta. Macchina interessante, progettata sempre con la ricerca di un’ idea alternativa, per cui anche stabilizzazione d’immagine sul sensore e non sugli obiettivi, un autofocus infallibile, e molte altre soluzioni brillanti, con due difetti, maggior consumo di energia e quindi minor durata della batteria e un costo di produzione più elevato.
Un passo verso il futuro. Per il tecnologico ad ogni costo.
Infine il mito. Leica, che quasi 100 anni fa ha inventato il formato 24X36 mm. M, lettera che la casa tedesca ha usato per tutte le sue macchine a telemetro con attacco a baionetta, stavolta però non è seguita più da numeri ma da un sottotitolo. Scelta per sottolineare che si tratta di un modello capace di durare in eterno. Per l’ultimo produttore rimasto in Europa, alfiere della tradizione prima di tutto, passare in un colpo solo al Cmos e al Full Frame è una vera rivoluzione. Consente anche la realizzazione di filmati attraverso il display, d’altronde altrimenti non sarebbe stato possibile visto che parte dell’inquadratura del mirino ottico è di solito coperta dall’obiettivo! Poi il solito corpo di lega di magnesio con fondello e coperchio in ottone, comandi del fuoco e di esposizione rigorosamente manuali. E’ una macchina di grande qualità e di altrettanto grande semplicità, radicale nelle scelte adottate: con così pochi fronzoli, prima di scattare bisogna necessariamente accendere il cervello.
Ci sarà una Leica M anche tra altri cento anni. Per i Cartier-Bresson con il  codice a barre.
In questo clima di euforia collettiva, dopo che per anni ci hanno spacciato per perfette, reflex a sensori ridotti, rimane il dubbio se tutte queste novità siano frutto di una migliorata capacità industriale dei produttori di sensori o delle spietate leggi del marketing, ci si sente un po’ come uno dei pesci dell’acquario del film “Alla ricerca di Nemo”, dopo la fuga, all’ultima inquadratura quando rimangono intrappolati nel loro stesso stratagemma, e ora che facciamo?

Alberto Novelli

© La Repubblica