sabato 6 ottobre 2012

Da La Repubblica del 6 ottobre 2012

IL RITORNO DELLE VECCHIE SIGNORE
Se ne parla come la grande novità di quest’anno. TuttI i big del settore della fotografia ne hanno in catalogo almeno una. Sono le macchine “full frame”, dotate di un sensore delle stesse dimensioni del fotogramma in pellicola. Quei 24 per 36 millimetri sui quali sono nate le fotocamere reflex a ottiche intercambiabili. Il vantaggio sta nell’ottenere finalmente il massimo dagli obiettivi di qualità, sfruttandoli fino in fondo, oltre a migliore la resa dell’immagine.
Ora finalmente ad un costo accessibile. Ma non sono una novità vera e propria. Era infatti l’agosto 2005 quando venne presentata la Canon Eos 5D, la prima full frame a costi relativamente contenuti. Di nuovo c’è invece l’ulteriore abbassamento del prezzo, con l’uscita di modelli entro la barriera dei 2.000 euro come la Nikon D600 e della 6D della Canon. E’ l’ultimo atto del conflitto commerciale che sui blog tematici suscita passioni e discussioni fra i sostenitori delle due Case, con dibattiti così noiosi che non trovano eguali neanche quando si è costretti ad ascoltare di calcio  nelle radio dei Taxi della Capitale .
La Nikon D600, costruita attorno al sensore Sony da 24 megapixel, ha molte frecce al suo arco: 39 punti di messa a fuoco ad esempio per una messa a fuoco più fedele, 5,5 scatti al secondo, doppia porta per schede memoria, la copertura totale del mirino, registrazione video anche non compressi e l’uscita audio per cuffia per i videomaker evoluti. Una macchina decisamente completa .
Per il Nikonista, frustrato per anni  ed ora euforico. 
Botta.
Risposta. 
La Canon 6D, sensore da 20 Mp, destinata a riempire la fascia di prezzo occupata fino ad ora dalla Eos 5D MkII del 2008, una delle macchine più riuscite della storia della fotografia digitale. I punti di messa a fuoco sono 11, ma è migliore la capacità di fotografare in condizione di luce scarsa con una sensibilità che tocca i 25.000 ISO e un autofocus in grado di lavorare anche con la luce della luna. Consente quindi l’esplorazione della vera nuova frontiera aperta dal digitale: fare fotografie senza flash, praticamente al buio e senza cavalletto. Poi c’è il gps e il wi-fi integrato. Si scatta, si elabora la foto con il software interno alla macchina e con uno smartphone si mette in rete, senza passare dal computer.
Fondamentale sia come secondo corpo nella borsa del professionista che nelle tasche dello zaino di un caposquadriglia Scout che si è perso nel bosco.
Terzo incomodo. la Alpha 99 della Sony rispetto agli altri due contendenti prova a cambiare le carte in tavola introducendo il primo modello di reflex full frame con mirino elettronico. A pensarci bene non è neanche una reflex. Usa un sistema completamente diverso, a specchio fisso semitrasparente per deviare il 30% della luce verso un sensore dedicato alla messa a fuoco, quindi meno rumore e vibrazioni. 24 Mp e circa 3.000 euro per l’ultima erede della vecchia Minolta. Macchina interessante, progettata sempre con la ricerca di un’ idea alternativa, per cui anche stabilizzazione d’immagine sul sensore e non sugli obiettivi, un autofocus infallibile, e molte altre soluzioni brillanti, con due difetti, maggior consumo di energia e quindi minor durata della batteria e un costo di produzione più elevato.
Un passo verso il futuro. Per il tecnologico ad ogni costo.
Infine il mito. Leica, che quasi 100 anni fa ha inventato il formato 24X36 mm. M, lettera che la casa tedesca ha usato per tutte le sue macchine a telemetro con attacco a baionetta, stavolta però non è seguita più da numeri ma da un sottotitolo. Scelta per sottolineare che si tratta di un modello capace di durare in eterno. Per l’ultimo produttore rimasto in Europa, alfiere della tradizione prima di tutto, passare in un colpo solo al Cmos e al Full Frame è una vera rivoluzione. Consente anche la realizzazione di filmati attraverso il display, d’altronde altrimenti non sarebbe stato possibile visto che parte dell’inquadratura del mirino ottico è di solito coperta dall’obiettivo! Poi il solito corpo di lega di magnesio con fondello e coperchio in ottone, comandi del fuoco e di esposizione rigorosamente manuali. E’ una macchina di grande qualità e di altrettanto grande semplicità, radicale nelle scelte adottate: con così pochi fronzoli, prima di scattare bisogna necessariamente accendere il cervello.
Ci sarà una Leica M anche tra altri cento anni. Per i Cartier-Bresson con il  codice a barre.
In questo clima di euforia collettiva, dopo che per anni ci hanno spacciato per perfette, reflex a sensori ridotti, rimane il dubbio se tutte queste novità siano frutto di una migliorata capacità industriale dei produttori di sensori o delle spietate leggi del marketing, ci si sente un po’ come uno dei pesci dell’acquario del film “Alla ricerca di Nemo”, dopo la fuga, all’ultima inquadratura quando rimangono intrappolati nel loro stesso stratagemma, e ora che facciamo?

Alberto Novelli

© La Repubblica

lunedì 18 ottobre 2010

UN PICCOLO DIARIO SULLE TRACCE DI UN GRANDE VIAGGIO

Questo è il diario pubblicato sulle pagine web di National Geographic Italia, in occasione dell'uscita del numero di ottobre 2010 che conclude il reportage "Alla ricerca dei Mille" iniziato nel numero di maggio.
Mentre scrivo mi sono accorto che già sul sito di NGI è stato postato il primo commento e non è proprio quello in cui mi identifico... il post rimane aperto e spero di poterlo aggiornare più frequentemente di quanto non abbia fatto fino ad oggi.
Questo è il link per leggere l'articolo di Michele Gravino, redattore di National e compagno di questo viaggio.
http://www.nationalgeographic.it/dal-giornale/2010/10/18/news/i_mille_ultimo_atto-121728/

Nella Gallery che appare nella Home page ho caricato un centinaio di immagini tratte dal viaggio sulle orme dei Mille, più o meno sono in ordine storico, cioè da Genova e da qualche divagazione su Milano e Bergamo, città che riempivano l'elenco di provenienza dei Mille; si passa per la tappa toscana di Talamone e l'Argentario, al mar Tirreno fino alla Sicilia, da Marsala a Messina, passando per Salemi, Palermo, Termini e Bronte. Poi i due monumenti di Villa e Reggio in Calabria, fino all'epilogo campano, il Volturno e la sua terra, cioè la provincia di Caserta.
A chiudere Gaeta e un incontro con i "briganti" di Olevano sul Tusciano.









La partenza
Genova, scoglio di Quarto, 5 maggio 2009

Ho cominciato da qui - il punto da cui salpò la spedizione - il viaggio alla ricerca dei Mille. Di li a poco avrei assistito alle celebrazioni che il comune di Genova organizza dal 1883, anno successivo alla morte di Giuseppe Garibaldi.

È stato un viaggio in cui le emozioni personali si sono spesso sovrapposte agli intenti professionali, in cui finalmente avevano un luogo nomi letti fin dall'infanzia, in cui ho fatto tappa nel percorso dell'unica rivoluzione del nostro paese, che sembra lontanissima e che invece fu fatta dai nostri bisnonni. È stato un viaggio in cui alle bellezze si sono succedute le infinite contraddizioni del nostro paese.

Io sono nato a Genova, e Michele Gravino, il giornalista di National Geographic Italia che mi ha accompagnato quando gli impegni della redazione lo consentivano, è nato a Santa Maria Capua Vetere. Il luogo di inizio e fine della spedizione dei Mille. Nella beffarda casualità anagrafica ci siamo spesso cullati presentandoci ai nostri interlocutori, giocando a turno la parte del garibaldino e del borbonico, nel tentativo di ottenere quanta più confidenza possibile e rimediare all'inevitabile brutalità della fretta che un reportage di questo tipo comporta. Alle cose studiate a tavolino, a quelle cercate come più simboliche si affiancano quelle trovate per caso, come da sempre succede in ogni viaggio.




La guida
Palermo, Biblioteca di Storia Patria, 5 gennaio 2010.

Lucy Riall, storica, posa ai piedi della statua di Francesco Crispi. La lettura del suo libro Garibaldi. L'invenzione di un eroe e i suoi suggerimenti sono stati fondamentali per approfondire la storia di un uomo di cui per anni avevo letto racconti pieni di retorica e saggi pieni di luoghi comuni.

Ho incontrato Lucy Riall nella meravigliosa biblioteca della Società Siciliana per la Storia Patria. I suoi racconti su Garibaldi e
"the Thousand" sono stati un po' come quella biblioteca: un immenso sapere e degli improvvisi suggerimenti pratici.






Bandiere a tre colori
Milano, Parco divertimenti nei giardini del Castello Sforzesco, 7 marzo 2010.

Il viaggio alla ricerca dei Mille si è svolto anche nei luoghi da dove provenivano la maggior parte dei volontari, come Bergamo e Milano.

Subito dopo questo scatto si è scatenata una rissa. La violenza era tale da farmi pensare che non potevano essere i futili motivi di una precedenza in giostra ma ben altre braci ad alimentare la rabbia. Quel contrasto tra le bandiere tricolori degli autoscontri e il senso di appartenenza al gruppo etnico di riferimento per me è stata una visione disarmante, soprattutto pensando a Milano come a uno dei luoghi simbolo del Risorgimento unitario italiano.

Sempre a Milano, questa estate, dopo più di due anni di cantiere, il cubo celeste che ricopriva la statua equestre di Garibaldi a largo Cairoli è stato rimosso senza che il restauro fosse stato completato. Il Comune ha esplicitamente accusato del ritardo la ditta campana vincitrice dell'appalto, la ditta ha fatto ricorso denunciando difetti contrattuali dell'amministrazione. Lo slogan "Restauro a costo zero" si è per ora tradotto in un fallimento. Per mesi i milanesi hanno visto cartelloni pubblicitari al posto della statua, mentre dietro i teloni succedeva poco o niente.




La città dei Mille. E della Lega
Bergamo, Sede provinciale della Lega Nord, 9 marzo 2010

Alessandro Sacristani, 75 anni, responsabile del tesseramento, e Stefano Locatelli, 26 anni, segretario di circoscrizione.

Bergamo ha, per chiunque voglia raccontare i Mille, l'irresistibile fascino della contraddizione. "Città dei Mille" si legge sui cartelli stradali solitamente ridipinti a spray con la scritta "Bèrghem".

L'VIII compagnia dei Mille era formata esclusivamente da bergamaschi e oggi Bergamo è una delle roccaforti della Lega Nord, che di certo non ha molto a cuore Garibaldi. Sono stato accolto con cortesia e un velo comprensibile di diffidenza. Stefano controlla sul computer l'attendibilità del mio curriculum e mitiga sorridendo le tempestose affermazioni di Alessandro.





Qui tornò Garibaldi
Palermo, monumento ai Mille di Gibilrossa, 29 dicembre 2009

È l'unico tra i monumenti a ricordo della spedizione a esser stato inaugurato con Garibaldi presente. Era il 1882: il generale aveva 75 anni e sarebbe morto poche settimane dopo. Fu sbarcato a Palermo seduto in poltrona, con un paranco, perché era immobilizzato dall'artrosi.

Il monumento fu eretto sulla sella che chiude a est l'anfiteatro montuoso intorno a Palermo. Da Gibilrossa scesero verso la città i Mille e i volontari siciliani guidati da La Masa. Il percorso sembra inalterato e i sentieri in alcuni tratti corrispondono alla descrizione del celebre resoconto di Cesare Abba. Il panorama sulla città è bellissimo; il corollario di edilizia recente che avanza, non altrettanto.





Vecchi maestri
Marsala, Centro Studi risorgimentali garibaldini, 16 marzo 2010

Gli scaffali del Centro custodiscono la sorpresa più bella di questo viaggio. Giuseppe Caimi, maestro della scuola elementare di Marsala nel Dopoguerra, raccolse per anni le corrispondenze che gli alunni delle sue classi tenevano con i loro coetanei delle scuole dei luoghi di provenienza dei Mille. Si è così creato un archivio non ufficiale su tutti i componenti della spedizione, raccolto attraverso le testimonianze di migliaia di bambini di tutta Italia.







Sindrome cinese
Termini Imerese, 7 gennaio 2010

Dopo aver fotografato il cambio turno alla Fiat, vado in centro a Termini Imerese e scopro come anni di notizie sullo stabilimento mi hanno distratto dalla bellezza del posto.

Dalla terrazza sul porto ascolto la conversazione di due signori a proposito dell'ipotetico acquisto dello stabilimento Fiat da parte di investitori cinesi. Sono preoccupati per l'eventuale arrivo in massa di operai cinesi e rimpiangono che la loro cittadina non abbia puntato sul turismo come Cefalù.

L'area industriale di Termini sembrerebbe avere tutte le carte in regola: interconnessa con ferrovia, porto e autostrada, adiacente alla centrale termoelettrica e con un bacino di forza lavoro decisamente ampio, eppure a girarci intorno si respira soprattutto un'aria di smobilitazione.





Il cantiere fantasma
Messina, il porto, 13 marzo 2010

I traghetti delle Ferrovie dello stato e della società Caronte affollano gli ormeggi della città.

Il dibattito sul ponte ci accompagna mentre attraversiamo lo Stretto. Cercando il primo cantiere dei lavori, appena inaugurato in televisione ci imbattiamo in deviazioni stradali a causa di frane simili a quelle che avevamo lasciato prima di Messina.

Più di due ore di ricerca ma del cantiere nessuna traccia né indicazione. Anche gli abitanti del posto sembrano non saperne nulla.

Ci arrendiamo sul lungomare di Cannitello, sotto la pioggia, i piedi a bagno in una pozza alimentata da una fognatura rotta.




Il monumento
Genova, monumento di Quarto, 10 aprile 2010

Operai dell'Europa dell'Est al lavoro nel cantiere del monumento alla spedizione dei Mille, restaurato per la cerimonia del centocinquantenario.

Il rifacimento dell'area intorno al monumento rientra nello scarno elenco di interventi finanziati per le celebrazioni dell'Unità d'Italia. L'opera oggi è praticamente completata.







Morti bianche
Ribolla, Pozzo Camorra, 28 maggio 2010.

Luciano Bianciardi ha scritto molto sulla spedizione dei Mille, con uno spirito che condivido. Sono stati i suoi scritti a spingermi alla lettura de I Mille, quei ragazzi che andarono con Garibaldi, le memorie di Giuseppe Bandi, attendente del generale.

Bianciardi e Bandi erano maremmani; in Maremma Garibaldi fece la sua prima sosta nel corso della spedizione; e maremmana è la tragedia descritta da Bianciardi al suo esordio giornalistico.

Nel 1954, l'esplosione del pozzo Camorra, nella miniera di pirite nei pressi del villaggio di Ribolla, fece 43 morti e rimane uno degli incidenti sul lavoro con il maggior numero di vittime nel dopoguerra. Una disgrazia di cui l'Italia non sembra essersi ancora liberata.




La rivincita dei Borbone
Napoli, Museo ferroviario nazionale di Pietrarsa, 15 giugno 2010

Il Museo delle Ferrovie dello Stato è ospitato nelle antiche Officine Reali di Pietrarsa a Napoli, volute da Ferdinando II di Borbone per la costruzione e la riparazione del materiale ferroviario, proprio lungo la Napoli-Portici, la prima ferrovia d'Italia, che lo stesso sovrano aveva inaugurato nel 1839. Negli immensi padiglioni è oggi raccolta una splendida collezione di locomotive di tutti i tempi.

Abbiamo scelto il museo di Pietrarsa per cercare le tracce di quella supremazia oggi rivendicata da storici revisionisti e nostalgici "neoborbonici". Nel 1860 il Regno delle due Sicilie nel 1860 disponeva infatti della marina (mercantile e militare) più sviluppata del Mediterraneo, di un apparato industriale non trascurabile e di una disponibilità finanziaria elevata. I dubbi sul vero destino del patrimonio del Banco di Napoli dopo l'Unità d'Italia non sono mai stati fugati, e i sospetti che l'affondamento della nave su cui viaggiava Ippolito Nievo sia legato alla volontà di tacitare degli scomodi testimoni sulla vicenda sono tutt'altro che risibili.






Il bersagliere
Capua, Circolo Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, 15 giugno 2010

Michele è un ex bersagliere che ci accoglie con entusiasmo nella sede di Capua dell'Associazione. Capua era il perno dello schieramento borbonico nello scontro finale del Volturno.

Le forze armate italiane sono un "miraggio occupazionale" ambito per larga parte da cittadini provenienti dal Sud d'Italia, come tristemente ci ricordano le generalità dei caduti nei vari teatri internazionali dove sono impegnate le nostre truppe.






Indietro Savoia
Gaeta, spiaggia di Serapo, 4 luglio 2010

A Gaeta si consuma l'epilogo del Regno delle due Sicilie, non più ad opera dei garibaldini ma delle truppe sabaude, subentrate nelle operazioni dopo l'incontro di Teano.

Assediata per mesi e pesantemente bombardata da mare e da terra, la città-fortezza, in cui erano asserragliati gli ultimi soldati borbonici, cadde nel febbraio 1861, poche settimane prima della proclamazione ufficiale del Regno d'Italia.

La città porta ancora i segni di quel bombardamento, oltre che delle devastazioni subite durante la II Guerra mondiale. Su iniziativa di Antonio Ciano, storico e assessore, il comune di Gaeta ha avviato le procedure per chiedere agli eredi dei re Savoia un risarcimento per quelli che vengono definiti "crimini di guerra". Un'iniziativa speculare alla causa per danni intentata dagli eredi Savoia alla Repubblica italiana, che secondo Ciano aggiunge le beffe al danno.






Briganti
Olevano sul Tusciano, 18 luglio 2010

Durante una rappresentazione ispirata al fenomeno del brigantaggio gli attori posano con delle fotografie ispirate ai ritratti con cui all'epoca i giornali raccontavano i fatti.

Il cosiddetto brigantaggio - le rivolte, soprattutto contadina, scoppiate nel Meridione dopo l'Unità d'Italia - ebbe numeri impressionanti per vittime e persone coinvolte, al punto che non si va lontano dalla verità quando si parla di guerra civile.

La repressione da parte dell'esercito del Regno fu spesso caratterizzata da brutalità estrema, come testimonia la documentazione fotografica dell'epoca.

Proprio con la spedizione dei Mille la fotografia aveva iniziato a raccontare la guerra, documentando vittime e rovine.

Ecoballe proibite
Piana del Volturno, deposito di "ecoballe", 5 luglio 2010

In quella che era la Campania felix, l'equilibrio dell'ecosistema è sottoposto a grandi minacce, come testimoniano lo stato dei "Regi Lagni", il sistema di canali voluto già dai viceré spagnoli, la presenza di immense cave di calcare a cielo aperto, il consumo sregolato del territorio, l'intrecciarsi di viabilità, canali e reti ferroviarie sopraelevate e la concentrazioni di dispositivi di smistamento e raccolta rifiuti presenti sul territorio.

Con la legge 123 del 2008, le discariche sono state equiparate a "siti di interesse strategico nazionale": sono sorvegliate da pattuglie di militari ed è vietato fotografarle o riprenderle con la videocamera.

Ma le dimensioni di questi immondezzai a cielo aperto sono tali da rendere inutile il divieto. Si vedono (e si sentono) da chilometri di distanza, basta salire un po'.

Ecco come sono le ecoballe viste dall'altro lato delle reti di recinzione.





Teano o Vairano?
Nei pressi di Teano, 7 febbraio e 6 luglio 2010

Alla ricerca del luogo del fatidico incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II.

Quando a febbraio ho visto il monumento nei pressi di Teano mi sono venuti dei dubbi, mi sono quindi diretto verso la cittadina e dopo aver attraversato ferrovia e autostrada ho incontrato una chiesa ed un bivio. Mi sono detto che forse il posto era questo. Nel vicino bar ho incontrato un terzetto di testimoni, Giuseppe Tarra, Giuseppe Prillo e Alessandro Piccirillo (in alto da sinistra, nell'ordine) che mi ha riaccompagnato al monumento mostrandomi quanti cambiamenti aveva subito il territorio.

Poi mi sono spostato oltre la vecchia ferrovia, alla stazione di Vairano-Caianello, e ho trovato un altro monumento. E i dubbi sono aumentati.

Da più di cento anni il comune di Vairano Patenora reclama infatti di aver ospitato il celebre incontro, presso la taverna Catena (foto al centro), all'incrocio tra la via Casilina e la strada che viene dal Molise. E così scopro la guerra di targhe e lapidi, le inchieste e i carteggi.

Nel tentativo di dipanare il dubbio incontriamo degli esperti: Giuseppe Marandola per la parte di Vairano (in basso a sinistra) e Pasquale Fascitiello e Vincenzo Palmieri per quella di Teano (in alto a destra). Si argomenta, si discute e ci si arrabbia.

Anche alcuni ragazzi di Vairano (in basso a destra) sono informati sull'argomento, in controtendenza con il generale disinteresse delle giovani generazioni nei confronti del Risorgimento.

I documenti ufficiali restano volutamente ambigui.
La sensazione è che i due si siano incontrati a Taverna Catena per proseguire a cavallo fino a Teano dove di sicuro Garibaldi lasciò la (taciturna) compagnia del re per mangiare un più sapido panino con il formaggio.

Ma su quale sia il luogo esatto in cui fu sancito il destino comune degli abitanti della penisola rimane il mistero, anche per la distrazione dei cronisti dell'epoca che trascurarono di annotare le coordinate esatte.








mercoledì 3 febbraio 2010

14 gennaio 4 febbraio


14 gennaio 4 febbraio 2010

Anche quest'anno ho partecipato all'iniziativa del Corriere della Sera in cui si racconta un giorno qualunque nella vita dell'Italia.
Domani 4 febbraio uscirà l'inserto "Sette" con le 68 fotografie di 68 fotografi sparsi nel paese per raccontare l'Italia in uno scatto.
E' una bella esperienza in cui 68 persone, contemporaneamente, il 14 gennaio si
sparpagliano per luoghi e argomenti da
raccontare.
E' la cosa più importante che la fotografia può fare, far immaginare. E anche portare alla luce le storie di un paese che normalmente non emergono, spesso soffocate dallo stolto strapotere della televisione.
Io sono andato nel basso Appennino, tra le provincie di Campobasso e Benevento per descrivere gli impianti di energia Eolica che pullulano da quelle parti. Ho mandato alla redazione una sola fotografia che forse non è la più bella (ma si sa che i fotografi non sanno scegliere il loro lavoro...), ma volevo evitare quella indecisione che l'anno scorso mi ha dilaniato fino all'ultimo e che alla fine mi ha spinto a delegare a Chiara Mariani, editor di Sette, la scelta.
Per questo motivo nella home page ho messo anche gli altri scatti, quelli con Giuseppe Fanelli che mi ha aperto l'impianto di Rotello in provincia di Campobasso e gli altri con Rocco Callisto Molinara e Michele Facchiano che mi hanno fatto compagnia sulla torre J17 di San Marco dei Cavoti in provincia di Benevento.
Gli impianti sono di proprietà della IVPC di Avellino e sono costruiti dalla Vestas, società danese con sede a Taranto (in Italia).
Gli scatti di Rotello sono stati realizzati il 13 sera mentre quelli di San Marco il 14, per ottimizzare i costi della trasferta e dormire solo una notte(avrei potuto barare e dire che il pomeriggio mi ero spostato a Rotello ma credo molto che questa cosa del giorno sia da rispettare).
Ho scelto di fare delle fotografie agli impianti eolici anche per sfatare il luogo comune del contrasto con il paesaggio. A me piacciono. Sarà perchè l'elica è un oggetto intrinsecamente affascinante o perchè da lontano in quel loro ordine sparso mi sembrano degli enormi fenicotteri o perchè producono energia senza inquinare l'ambiente.
Posso testimoniare che il rumore di cui tanto si parla è percettibile solo nelle immediate vicinanze (e non è così sgradevole) e solo quando c'è poco vento (altrimenti è il rumore stesso del vento a farla da padrone).
Costano poco, durano tanto, non producono scorie. Forse è per questo che in Italia si preferisce invece "buttare" i soldi in una tecnologia dove invece le promesse di sperpero sono decisamente allettanti (vedi gli accordi con la Francia a proposito del nucleare).
Comunque questi sono argomenti che meritano altri spazi di approfondimento.
Desidero ringraziare Michele e Salvatore Cece che non sono fratelli ma erano insieme sulle turbine J18 e J19 e che sono ritratti nella fotografia pubblicata da "Sette".
E poi ringrazio, oltre ai sopracitati, in ordine sparso, Roberto Lorenzotti, Paolo Orsini, Stefania Abbondandolo, Antonio Grano, Luigi Boffa, Angela dell'Antica Loggia, Velia Senatore, Francesca Biffi, Edoardo Zanchini, Leonardo Bianco, Giovanni Selano, Stefano Converso e Chiara Mariani, che hanno contribuito alla realizzazione del reportage.

P.S.
Sono contento che il blog si apra oggi con questa iniziativa collettiva, mi sembra in perfetta sintonia con le intenzioni che mi hanno spinto ad aprire il sito.
Alberto